Consiglio di Stato - Sent. 29/08/2019 n. 5969 - Comandante Polizia Municipale: legittima collocazione nello staff del sindaco

Consiglio di Stato - Sentenza 29 agosto 2019 n. 5969

Comandante Polizia Municipale: legittima collocazione nello staff del sindaco

CONSIGLIO DI STATO

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente

Sentenza

Fatto e diritto

1. L'odierno appellante aveva impugnato davanti al Tar per la Puglia, con ricorso n. rg. 757 del 2009, il decreto n. 4/2009 del Sindaco del Comune di Acquaviva delle Fonti con cui egli veniva inserito, nella qualità di Comandante della Polizia municipale, nello staff del Sindaco stesso. Con il medesimo ricorso egli aveva impugnato anche gli atti del direttore generale dell'Ente locale n. 3584, in data 26 febbraio 2009 e n. 3588 in pari data. A motivo del ricorso di primo grado, il signor A. A. deduceva: violazione dell'art. 9 della legge n. 65/1986 ed eccesso di potere per l'illegittimo assoggettamento del Comandante della Polizia municipale al mandato politico del sindaco e l'illegittima sottoposizione agli ordini, alle direttive e agli indirizzi operativi di gestione del direttore generale, incarico quest'ultimo di nomina politica; violazione del C.C.N.L. Comparto Enti Locali in tema di partecipazione delle organizzazioni sindacali alle scelte organizzative del Comune; violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. n. 241/ 1990.

Nel corso del procedimento di primo grado, l'odierno appellante impugnava, deducendo gli stessi motivi del ricorso principale: con un primo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 11 novembre 2010, il decreto sindacale n. 2, in data 19 luglio 2010, recante "Ridefinizione ed attribuzione incarichi dirigenziali"; con un secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 21 dicembre 2010, il decreto sindacale n. 4, in data 30 settembre 2010, recante "Ridefinizione ed attribuzione incarichi dirigenziali"; con un terzo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 5 aprile 2011, il decreto sindacale n. 1, in data 25 gennaio 2011, riguardante "Modifica decreto sindacale n° 4 del 30/09/2010 - Ridefinizione ed attribuzione incarichi dirigenziali".

2. Con la sentenza in epigrafe, il Tar ha dichiarato improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso principale e i primi due ricorsi per motivi aggiunti. Il terzo ricorso è stato dichiarato inammissibile, quanto al mezzo di impugnazione relativo all'asserita violazione delle disposizioni del C.C.N.L. Comparto Enti Locali relative alla partecipazione delle organizzazioni sindacali alle procedure di macro organizzazione degli enti locali, per carenza di legittimazione attiva del ricorrente ad agire a tutela di un interesse delle organizzazioni sindacali. Lo stesso ricorso è stato dichiarato infondato quanto: al mezzo di impugnazione con cui il ricorrente deduceva violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. n. 241/1990, poiché il decreto sindacale avversato costituiva atto di macro organizzazione, avente carattere generale e, pertanto, doveva considerarsi escluso dalle garanzie di partecipazione procedimentale ai sensi dell'art. 13 della citata l. n. 241/1990; alla dedotta violazione dell'art. 9 della l. n. 65/1986, in quanto il Comandante della Polizia municipale è responsabile verso il Sindaco, organo titolare delle funzioni di polizia locale che competono al Comune; alla doglianza con la quale il ricorrente lamentava l'illegittimità dell'atto per l'asserita interposizione del direttore generale tra il Comandante della Polizia municipale ed il Sindaco, in quanto tale circostanza non era ravvisabile nella fattispecie".

3. Con il presente appello, viene dedotto il difetto di motivazione della sentenza impugnata nel capo relativo alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso principale e dei primi due ricorsi per motivi aggiunti e sono riproposti tutti i motivi di impugnazione già dedotti in primo grado. Con la memoria conclusionale in data 31 maggio 2019 e la memoria di replica in data 10 giugno 2019, l'interessato insiste per l'accoglimento dell'appello.

4. Il Comune di Acquaviva delle Fonti si è costituito in giudizio con controricorso in data 18 gennaio 2012, chiedendo il rigetto dell'appello, conclusione ribadita con la memoria in data 31 maggio 2019 e con la memoria di replica in data 10 giugno 2019.
5. Il Collegio constata che, con il decreto sindacale n. 4/2009, l'appellante è stato posto, nella qualità di comandante della Polizia Municipale e con la struttura da lui diretta, a staff del Sindaco. Con tale atto gli è stata attribuita la responsabilità della polizia locale, urbana, rurale, annonaria e mortuaria, nonché della circolazione stradale. Con l'atto del direttore generale n. 3584, in data 26 febbraio 2009, all'appellante è stata conferita la responsabilità della "posizione organizzativa" dei servizi menzionati nel decreto sindacale n. 4/2009 e di ulteriori servizi (randagismo, protezione civile, attività commerciali, servizi cimiteriali, sportello unico imprese e politiche comunitarie, sviluppo economico e attività produttive); lo stesso atto ha determinato il trattamento giuridico ed economico dell'appellante. L'atto del direttore generale n. 3588 in data 26 febbraio 2009 ha stabilito indirizzi operativi limitatamente all'espletamento dell'attività relativa ai suddetti ulteriori servizi, ma non, come asserito dall'appellante, per l'esercizio delle funzioni di Comandante della Polizia Municipale.

Il decreto sindacale n. 2/2010, impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti, per la parte riguardante l'odierno appellante, era formulato in termini identici al decreto impugnato con il ricorso principale. Il decreto sindacale n. 4/2010, impugnato con il secondo ricorso per motivi aggiunti, attribuiva all'appellante anche la funzione di polizia amministrativa e la responsabilità della protezione civile. Il decreto sindacale n. 1/2011, impugnato con il terzo ricorso per motivi aggiunti, era formulato, per quanto riguardava l'odierno appellante, in termini identici al decreto n. 4/2010.

Dunque, tutti i decreti impugnati, che effettuavano anche la preposizione di dirigenti nella posizione apicale di alcune strutture organizzative dell'Amministrazione, per quanto riguardava l'appellante, ne disponevano la collocazione nello staff del sindaco per le funzioni di Comandante della Polizia Municipale. A differenza dei decreti n. 4/2009 e n. 2/2010, i successivi decreti n. 4/2010 e n. 1/2011 attribuivano all'appellante anche la responsabilità per la funzione di polizia amministrativa e di protezione civile. L'atto del direttore generale n. 3584/2009 si limitava a conferire all'appellante l'incarico previsto dal decreto sindacale n. 4/2009 nella qualità di dipendente "D3" e a disporre in merito al suo trattamento giuridico economico; mentre l'atto del direttore generale n. 3588/2009 formulava indirizzi operativi limitatamente alle funzioni in materia di randagismo, protezione civile, attività commerciali, servizi cimiteriali, sportello unico imprese e politiche comunitarie, sviluppo economico e attività produttive, specificando che l'appellante avrebbe risposto delle funzioni di Comandante della Polizia Municipale solo nei confronti del Sindaco.

6. Tanto premesso l'appello deve essere respinto.

È infondato il primo motivo di appello con cui si deduce l'erroneità della sentenza in epigrafe nella parte relativa alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso introduttivo, del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti, per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, è evidente, alla luce della disamina dei contenuti degli atti impugnati, che solo il decreto sindacale n. 1, in data 25 gennaio 2011, per la parte riguardante l'appellante, reca l'assetto definitivo delle competenze che gli sono state attribuite, assorbendo quanto disposto dai precedenti decreti sindacali.

La declaratoria di improcedibilità del ricorso principale non ha comportato la dedotta omissione di pronuncia del Tar sui motivi di impugnazione dei menzionati atti del direttore generale. Infatti la sentenza in epigrafe ha espressamente ritenuto infondata la doglianza circa un'asserita sottoposizione dell'appellante agli indirizzi operativi formulati dal direttore generale. Il Collegio condivide tale conclusione, in quanto la formulazione di tali atti espressamente esclude una tale sottoposizioni per le funzioni di Comandante della Polizia Municipale, per le quali prevede che l'appellante ne avrebbe risposto solo al Sindaco.

È infondato il secondo motivo di appello relativo alla violazione delle disposizioni in materia di partecipazione alle procedure di organizzazione dell'Ente locale. Il Collegio condivide la tesi del TAR per cui difetta in capo all'appellante la legittimazione ad agire per il rispetto delle disposizioni di fonte di contrattazione collettiva per il comparto degli enti locali in tema di concertazione con le organizzazioni sindacali sulle scelte organizzative dell'ente locale, spettando solo a queste ultime la legittimazione ad agire per la tutela del relativo interesse. Quanto all'asserita violazione delle garanzie procedimentali disposte dalla l. n. 241/1990, come evidenziato dal primo Giudice, il decreto sindacale n. 1/2011, pur presentando allo stesso tempo profili in parte di atto di micro organizzazione e in parte di atto di macro organizzazione, solo per tale secondo aspetto veniva avversato dal ricorrente, dato che, a considerarlo esclusivamente come atto di micro organizzazione, sarebbe difettata la giurisdizione del giudice amministrativo. Dunque, ciò posto, il Tar correttamente ha evidenziato che "l'atto di macro organizzazione in quanto atto generale è espressamente sottratto alle norme sulla partecipazione, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 241 del 1990 che al comma 1 recita: Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione".

Va respinto il motivo d'appello relativo alla violazione dell'art. 9 della l. n. 62/1986 [recte l. n. 65/1986] e dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e correttezza dell'attività amministrativa, che deriverebbe dalla collocazione del Comandante della Polizia Municipale in seno allo staff del Sindaco. Infatti, la responsabilità della Polizia Municipale e del suo Comandante verso il Sindaco e la sottoposizione dello stesso Comandante alle direttive sindacali è espressamente prevista dagli artt. 2 e 9 della citata legge n. 62/1986 [recte l. n. 65/1986] e la suddetta responsabilità è pacificamente riconosciuta da univoco indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi (cfr. Cons. Stato. Sez. V, 17 febbraio 2006, n. 616 e 27 agosto 2012, n. 4605); peraltro, analoghe conclusioni possono trarsi dalla giurisprudenza civile che ha avuto occasione di esaminare simili problematiche (Cassazione civile, sez. lav., 09/05/2006, n. 10628).

Per quanto sopra esposto, l'appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata. Il regolamento processuale delle spese di giudizio, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e conferma la sentenza impugnata. Condanna l'appellante alla rifusione delle spese processuali del secondo grado di giudizio liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre alle maggiorazioni di legge, se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 196/2003, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del presente giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2019.

Il Presidente: TAORMINA
Il Consigliere estensore: CIUFFETTI

Depositato in Cancelleria, il 29 agosto 2019.

 

Coronavirus Roma, agente di Polizia Locale positivo: la Procura apre un inchiesta sulla mancata sanificazione degli uffici

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in relazione alla vicenda del vigile urbano dell'XI gruppo risultato positivo al Covid 19.

Nel procedimento, coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, si ipotizza il reato di omissione di atti di ufficio, al momento contro ignoti, per essere stata ritardata la sanificazione degli uffici dove il vigile prestava servizio. Il fascicolo è stato aperto dopo un esposto presentato da un sindacato di categoria.

Fonte: ilmessaggero.it

 

Crisi di Governo: salta anche la riforma della Polizia Locale e modifiche al codice della strada

Tutte le misure a rischio a causa della crisi di governo. Dall'Assestamento di bilancio alle nuove regole per i rider, passando per il salario minimo. Quali sono i disegni di legge che potrebbero saltare con la fine dell'esecutivo gialloverde.

POLIZIA LOCALE
In commissione è stata depositata una proposta di legge targata M5s, mentre si attendeva un analogo ddl del governo che però non è mai stato assegnato al Parlamento.

CODICE DELLA STRADA
Anche in questo caso, dopo mesi di discussione, diversi cicli di audizioni e un testo base, il provvedimento non è mai giunto all'esame dell'Aula.

Fonte: www.agi.it

Garante Privacy - Provv. 15/10/2020 n. 180 - Parere su istanza di accesso agli ordini e disposizioni di servizio della Polizia Locale

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

PROVVEDIMENTO
15 ottobre 2020, n. 180

Parere su istanza di accesso civico.

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l'avv. Guido Scorza, componenti, e il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;

Visto il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, "Regolamento generale sulla protezione dei dati" (di seguito RGPD);

Visto l'art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice");

Visto l'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante "Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni";

Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell'Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d'intesa con il Garante, intitolata "Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013", in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito "Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico");

Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata "Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico", in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal vice segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; Relatore il dott. Agostino Ghiglia;

PREMESSO

Con la nota in atti, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Comune di Milano ha chiesto al Garante il parere previsto dall'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame di un cittadino su un provvedimento di accoglimento parziale a una propria istanza di accesso civico presentata al predetto Comune.

Dall'istruttoria risulta che è stata presentata una richiesta di accesso civico - ai sensi dell'art. 5 comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 - avente a oggetto il rilascio di copia dei seguenti documenti:

"a) Ordini di servizio definitivi (ovvero quelli in base ai quali vengono calcolati gli emolumenti stipendiali) del personale in forza all'"Ufficio ricorsi all'Autorità Giudiziaria" della Polizia Locale di Milano, (altrimenti denominati "ordini di servizio relativi all'Ufficio n. 124"), previo oscuramento dei nomi dei dipendenti, per il periodo intercorrente dal 01/09/2019 al 31/12/2019;

b) Registro delle variazioni agli ordini di servizio (altrimenti denominato "brogliaccio") relativo al personale in forza all'"Ufficio ricorsi all'Autorità Giudiziaria" della Polizia Locale di Milano, previo oscuramento dei nomi dei dipendenti per il periodo intercorrente dal 01/09/2019 al 31/12/2019;

c) Tutte le disposizioni formali scritte rivolte specificamente al personale in forza all'"Ufficio Ricorsi all'Autorità Giudiziaria" della Polizia Locale di Milano relativa all'anno 2019, previo oscuramento di eventuali nomi dei dipendenti".

L'amministrazione ha accordato un accesso civico parziale ai soli documenti di cui alla lettera c) fornendo le "disposizioni formali scritte, rivolte nel 2019 al personale, in forza all'ufficio della Polizia Locale del Comune di Milano", rifiutando invece le altre richieste per motivi inerenti alla protezione dei dati personali e all'impossibilità di anonimizzare la documentazione richiesta.

Il richiedente l'accesso civico ha quindi presentato una richiesta di riesame al Responsabile della trasparenza del provvedimento di accoglimento parziale (art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013), ritenendolo non legittimo e insistendo nelle proprie richieste, chiedendo l'ostensione di tutta la documentazione previo oscuramento dei nominativi dei soggetti interessati.

OSSERVA

1. Introduzione

La questione sottoposta all'attenzione del Garante riguarda l'ostensione, tramite l'istituto dell'accesso civico, degli "Ordini di servizio" e del "Registro delle variazioni" di tali ordini, riferito al personale della Polizia Locale di Milano addetto all'"Ufficio ricorsi all'Autorità Giudiziaria" per un periodo di 3 mesi (da settembre a dicembre 2019).

Nella richiesta di parere al Garante il RPCT, al fine di consentire un più preciso inquadramento del caso in esame, ha precisato quanto segue.

- "i documenti indicati quali ordini di servizio contengono l'elenco delle attività che ogni incaricato è chiamato a svolgere nel giorno indicato, mentre per disposizioni di servizio vanno intese quelle formali di carattere generale astratto indirizzate indistintamente a tutto il personale interessato";

- "L'Ufficio Contenzioso dell'Area Procedure Sanzionatorie della Direzione Sicurezza Urbana si occupa di gestire il contenzioso amministrativo e giurisdizionale, inerente alle violazioni al Codice della strada accertate dalla Polizia Locale, con la trattazione dei ricorsi presentati al Giudice di Pace e l'elaborazione in particolare di controdeduzioni/memorie difensive nell'interesse dell'Amministrazione. L'Ufficio si compone di n. 16 unità, rivestenti anche la qualifica di funzionari delegati a rappresentare in giudizio il Comune di Milano [...]";

- "le assegnazioni delle attività d'ufficio avvengono, per il tramite di ordini di servizio, di natura preventiva, che riportano il turno di servizio previsto e le attività da svolgere nel giorno seguente, cui seguono correlati ordini di servizio a consuntivo che riportano invece le prestazioni effettive, alla luce delle eventuali variazioni intervenute";

- "Fino al 31.12.2019 le suddette variazioni venivano riportate manualmente sul solo ordine di servizio preventivo, mentre dall'1.1.2020 le stesse - per l'Unità in questione - sono altresì riportate in distinto registro/brogliaccio. In tal senso l'Ufficio avrebbe già potuto opporre diretto diniego in ordine al punto b) dell'istanza, motivandolo in ragione dell'inesistenza del documento richiesto in relazione al periodo indicato";

- "Nell'ordine di servizio preventivo sono presenti anche dati su eventuali assenze programmate o su assenze dal servizio, comunicate a seguito di malattie o infortuni prima della predisposizione dello stesso ordine di servizio. Gli ordini di servizio a consuntivo [...], consentono di conoscere per ogni dipendente e per il giorno relativo alla prestazione richiesta e resa, la posizione lavorativa del dipendente medesimo (lavoro svolto, turno di riposo, prestazione svolta in regime di straordinario, assenza per malattia, infortunio, permessi fruiti anche ai sensi della legge n. 104/92, etc.)";

- "Le caratteristiche del sistema informatico che contiene e gestisce tali dati non consentono una estrapolazione che garantisca l'anonimizzazione dei dati stessi e quindi la ostensione degli ordini di servizio. L'eventuale oscuramento dei nominativi del personale interessato dagli ordini di servizio definitivi (a consuntivo), infatti, non ne preclude l'identificabilità, atteso che gli stessi figurano, in un ordine predefinito (alfabetico/per squadra) non modificabile dal sistema informatico, sicché anche in caso di loro oscuramento sarebbe facile individuare il dipendente cui si riferisce la singola disposizione, essendo agevole a chiunque [...] risalire al singolo dipendente cui si riferisce l'ordine di servizio".

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi della normativa di settore, "chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis" (artt. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In relazione ai profili di competenza di questa Autorità, si evidenzia, altresì, che il citato 5-bis prevede che l'accesso civico debba essere rifiutato, fra l'altro, "se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia" (comma 2, lett. a). Per dato personale si intende "qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile ("interessato")" e si considera "identificabile" "la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale" (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Ciò premesso, occorre aver presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l'istituto dell'accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che - a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 - i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono "pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7", sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell'accesso civico che va valutata l'esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l'accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di "limitazione della finalità" e di "minimizzazione dei dati", in base ai quali i dati personali devono essere "raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità", nonché "adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati" (art. 5, par. 1, lett. b e c).

In tale quadro, si ritiene che, il Comune di Milano - ai sensi della normativa vigente e delle richiamate indicazioni contenute nelle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico, conformemente ai precedenti orientamenti di questa Autorità - abbia correttamente respinto l'accesso civico alla documentazione richiesta (cfr. pareri contenuti nei seguenti provvedimenti: n. 61 del 14/3/2019, in www.gpdp.it, doc. web n. 9113854; n. 60 del 14/3/2019, ivi, doc. web n. 9102014; n. 516 del 19/12/2018, ivi, doc. web n. 9075337; n. 190 del 10/4/2017, ivi, doc. web n. 6383028; n. 369 del 13/9/2017, ivi, doc. web n. 7155944).

Ciò in quanto la relativa ostensione, anche considerando il particolare regime di pubblicità dei dati e informazioni ricevuti tramite l'istituto dell'accesso civico (cfr. art. 3, comma 1, d. lgs. n. 33/2013), potrebbe determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del personale appartenente alla Polizia locale, in violazione del principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD), arrecando proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Al riguardo, si deve infatti tenere conto della tipologia e della natura dei dati e delle informazioni personali, anche di dettaglio, contenuti negli ordini di servizio - di tipo preventivo e consuntivo - richiesti, quali per ogni singolo lavoratore, come descritto dal RPCT: turno di servizio previsto, lavoro svolto, attività da svolgere nel giorno seguente, prestazioni effettive, alla luce delle eventuali variazioni intervenute, dati su eventuali assenze programmate o su assenze dal servizio comunicate a seguito di malattie o infortuni, posizione lavorativa del dipendente, turno di riposo, prestazione svolta in regime di straordinario, permessi fruiti anche ai sensi della legge n. 104/92, etc.

La generale conoscenza, derivante da un eventuale accoglimento della richiesta di accesso civico ai predetti dati e informazioni, inerenti aspetti molto particolareggiati dell'attività lavorativa svolta, può essere fonte di rischi specifici per i soggetti interessati, anche considerando la possibile ricostruzione della vita e delle abitudini dei soggetti appartenenti al personale appartenente alla Polizia locale del Comune di Milano addetto all'"Ufficio Ricorsi all'Autorità Giudiziaria" (che peraltro non risulta essere stato coinvolto nel procedimento relativo all'accesso civico come controinteressato), determinando possibili ripercussioni negative sul piano personale, professionale, sociale e relazionale, sia all'interno che all'esterno dell'ambiente lavorativo. Bisogna, inoltre, tener conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dal Comune, nonché della non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti, al personale appartenente alla Polizia locale, dall'eventuale conoscibilità, da parte di chiunque, dei dati richiesti tramite l'accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico, cit.).

Al riguardo, non è possibile accordare - come invece domandato dal soggetto istante nella richiesta di riesame - neanche un accesso civico parziale, oscurando i nominati dei soggetti interessati. Ciò in quanto tale accorgimento non elimina del tutto la possibilità - come evidenziato anche dal RPCT - che questi ultimi possano essere re-identificati, anche all'interno dello stesso luogo di lavoro, tramite gli ulteriori dati di dettaglio e di contesto contenuti nella documentazione richiesta o mediante altre informazioni in possesso di terzi. A tale riguardo, come prima ricordato, si considera infatti "identificabile" "la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale" (art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD).

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della trasparenza del Comune di Milano, ai sensi dell'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 15 ottobre 2020

Il presidente: STANZIONE
Il relatore: GHIGLIA
Il vice segretario generale: FILIPPI

Min. Interno - Circ. 29/03/2020 n. 19440 - Chiarimenti sul personale di Polizia Locale per l'accertamento di violazioni sulle misure di contenimento

MINISTERO DELL'INTERNO
GABINETTO DEL MINISTRO

Prot. n. 15350/117(2) Uff.III-Prot.Civ.

Roma, 29 marzo 2020

OGGETTO: Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19". Organi accertatori delle violazioni delle misure statali.

 

Stanno pervenendo a quest'Ufficio, anche in via informale, numerosi quesiti in ordine alla possibilità, da parte del personale dei Corpi delle polizie municipali, di svolgere, al pari degli appartenenti alle Forze di polizia, atti di accertamento e di contestazione delle violazioni alle misure disposte dallo Stato con i provvedimenti di cui all'articolo 2, commi 1 e 3, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.

Si ritiene, in proposito, di dover preliminarmente evidenziare come l'articolo 4 del menzionato provvedimento normativo contenga un primo profilo, di carattere generale, riguardante i compiti volti ad assicurare l'esecuzione delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza sanitaria in atto, ed un secondo profilo, di portata più limitata, riguardante l'accertamento e l'irrogazione di eventuali sanzioni amministrative.

Il primo profilo, come già evidenziato con direttiva del Ministro dell'8 marzo scorso, chiama in causa l'intero spettro delle funzioni e delle prerogative che la legge riserva al Prefetto, a partire dalla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica rispetto ad eventuali turbative che dovessero derivare sia dal mancato rispetto delle misure stabilite a salvaguardia della salute dei cittadini, sia dalla compromissione del buon funzionamento di tutte quelle attività e iniziative adottate dalle Istituzioni per il superamento della presente fase emergenziale.

In merito a ciò, con circolare pari numero del 26 corrente, è già stata richiamata l'attenzione sul comma 9 dell'articolo 4 del decreto-legge 19/2020, che rinnova l'attribuzione ai Prefetti della funzione di assicurare l'esecuzione delle misure emergenziali avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, sentiti i competenti comandi territoriali, delle Forze armate, prevedendo l'attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza in favore del personale militare impiegato.

Sul punto, peraltro, la richiamata circolare ha precisato come il comma 9 s' inquadri nel contesto delle prerogative riservate dalla legge al Prefetto quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, cui compete la funzione di coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza di cui all'articolo 13, comma 3, della legge 1 aprile 1981, n. 121.

In proposito, con particolare riferimento all'impiego del personale delle polizie locali, vanno necessariamente tenuti in considerazione gli articoli 3 e 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, in base ai quali, come noto, gli addetti al servizio di Polizia municipale, cui il Prefetto può conferire la qualifica di agente di pubblica sicurezza, collaborano, nel territorio di loro competenza, con le Forze di polizia dello Stato a garanzia dell'ordine e della sicurezza pubblica.

In considerazione di ciò, dunque, le Autorità provinciali di Pubblica sicurezza potranno legittimamente prevedere nelle relative pianificazioni di impiego del personale, come già evidenziato con la citata direttiva del Ministro dell'8 marzo scorso, tutte le "componenti" della stessa Amministrazione della pubblica sicurezza, con l'imprescindibile coinvolgimento delle Polizie municipali.

Infatti, come rappresentato dal Capo della Polizia con direttiva dello scorso 13 marzo, la diffusa azione di verifica necessaria in questa fase emergenziale impegna, non solo le Forze di polizia, ma anche i Comuni, per il tramite dei Corpi e Servizi di polizia locale, in un momento delicato per la vita del Paese in cui tutte le polizie, ivi comprese quelle locali, costituiscono risorse essenziali per garantire la sicurezza delle relative comunità, contribuendo altresì alla sorveglianza sul rispetto delle misure emergenziali adottate.

Relativamente al profilo dell'accertamento e dell'irrogazione di sanzioni di natura amministrativa, nel richiamare quanto rappresentato con direttiva dello scorso 26 marzo, si osserva che l'articolo 4 opera, inoltre, una chiara distinzione di ruoli affidando al Prefetto la competenza ad applicare le sanzioni per le violazioni delle misure disposte dalle Autorità statali nonché alle Regioni e ai Comuni quella di gestire i procedimenti sanzionatori per le violazioni dei rispettivi provvedimenti di cui all'articolo 3.

Per quanto riguarda, più specificamente, il potere di accertamento, il citato articolo 4, al comma 3, effettua un rinvio alla legge 24 novembre 1981 n. 689 che, all'articolo 13, attribuisce tale competenza agli "organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa".

In ragione di quest'ultima disposizione, tutto il personale titolare della qualifica di agente di pubblica sicurezza, ivi compreso dunque il personale delle Polizie municipali, coinvolto dai Prefetti nel controllo del territorio per l'osservanza delle misure disposte dalle Autorità statali per il contenimento ed il contrasto dell'attuale fase emergenziale, potrà al contempo procedere all'accertamento delle violazioni sanzionate ai sensi dell'articolo 4, comma 1.

Il coinvolgimento dei Corpi delle polizie municipali è, altresì, consequenziale a quanto stabilito dal comma 4 dell'articolo 13 della menzionata legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui all'atto dell'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, fra i quali, ai sensi dell'articolo 57 del codice di procedura penale, è ricompreso anche il personale delle polizie locali.

Giova, infine, richiamare l'attenzione sull'articolo 115 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ha previsto l'istituzione, presso questo Ministero, di un fondo finalizzato a contribuire, fra l'altro, proprio all'erogazione dei compensi per le maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale delle polizie locali direttamente impegnato per le esigenze conseguenti ai provvedimenti, anche di derivazione statale, di contenimento del fenomeno epidemiologico.

Ciò premesso, le SS.LL., nell'ambito dell'attività di coordinamento e pianificazione dei servizi finalizzati a garantire un'attenta vigilanza sull'attuazione delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza da COVID-19, vorranno continuare a garantire il più ampio coinvolgimento, unitamente alle Forze di polizia a competenza generale, di tutti gli altri Corpi i cui appartenenti siano titolari della qualifica di agente di pubblica sicurezza, ivi compresi quelli delle polizie locali.

Nel rinviare, per gli ulteriori aspetti tecnici, alle circolari del Dipartimento della Pubblica sicurezza, si confida nella consueta collaborazione delle SS.LL., con riserva di ulteriori chiarimenti ove necessari.

IL CAPO DI GABINETTO
Piantedosi

 

Min. Interno - Comunicato 21/04/2020 - Polizia Locale: fondi per compensi lavoro straordinario e acquisto DPI

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO
21 aprile 2020

(G.U. n. 104 del 21.4.2020)

Avviso relativo al decreto 16 aprile 2020, concernente il Riparto del Fondo di 10 milioni di euro per contribuire all'erogazione dei compensi per le maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane direttamente impegnato per le esigenze di contenimento del contagio da COVID-19 e per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale del medesimo personale.

Si comunica che nel sito Dait - Direzione centrale della finanza locale, alla pagina https://dait.interno.gov.it/finanza-locale alla voce "I Decreti", è stato pubblicato il testo integrale del decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, del 16 aprile 2020, con i relativi allegati, recante: "Riparto del Fondo di 10 milioni di euro per contribuire all'erogazione dei compensi per le maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane direttamente impegnato per le esigenze di contenimento del contagio da Covid-19 e per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale del medesimo personale", adottato ai sensi dell'art. 115 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, c.d. "Cura Italia".

Pubblico impiego – polizia municipale – turnisti – turno nei giorni festivi – turno in giorni festivi infrasettimanali – compenso aggiuntivo – cumulo - condizioni

“questa Corte ha già più volte affermato che, ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale (come in quella domenicale) si applica l'art. 22, comma 5, del CCNL 14.9.2000 comparto Autonomie locali - che compensa il disagio con la maggiorazione del 30% della retribuzione -, mentre il disposto dell'art. 24 - che ha ad oggetto l'attività prestata dai lavoratori dipendenti in giorni festivi infrasettimanali, oltre l'orario contrattuale di lavoro - trova applicazione soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la propria attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell'orario di lavoro; …. pertanto, in relazione al lavoro prestato in giorni festivi, il lavoratore turnista ha diritto alla maggiorazione di cui all'art. 24, comma 1 CCNL quando ciò avvenga in coincidenza con il giorno destinato al riposo settimanale (in tal caso, la maggiorazione spetta in aggiunta al riposo compensativo); ha diritto alla corresponsione del compenso di cui all'art. 24, comma 2 (in alternativa al riposo compensativo) quando la prestazione sia resa in giorno festivo oltre il normale orario di lavoro; ha diritto al solo compenso di cui all'art. 22, comma 5, per la prestazione resa in giorno festivo in regime di turnazione ed entro il normale orario di lavoro”.

Cass. civ. sez. lavoro - Ord. 14/08/2019 n. 21412

 

Regione Emilia Romagna: Modifica denominazione "Polizia Municipale" e "Polizia Provinciale" in "POLIZIA LOCALE"

La Regione Emilia Romagna, con nota del 26/09/2018, rende noto che per effetto dell’introduzione dell’art. 13 bis e delle modifiche all’art. 14 della L.R. 24/2003, attuata con L.R. 13/2018, le dizioni di “Polizia Municipale” e di “Polizia Provinciale”, sono sostituite dall’unica dizione “POLIZIA LOCALE”.

La nota riporta in modo esemplificativo “Logotipo e Targhetta”, aggiornati alla dicitura “Polizia locale”.

Reg. Emilia Romagna - Circ. 26/09/2018 n. 596622

 

T.A.R. Lazio - Sent. 01/08/2019 n. 10225 - Assunzione comandante Polizia Locale: requisito dell'assenza di procedimenti penali in corso

SENTENZA T.A.R. LAZIO
1° agosto 2019, n. 10225

Assunzione comandante Polizia Locale: requisito dell'assenza di procedimenti penali in corso

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) ha pronunciato la presente

Sentenza

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell'atto -OMISSIS-, di decadenza dalla graduatoria per l'assunzione a tempo indeterminato di un comandante della Polizia locale, del presupposto Avviso pubblico, laddove interpretato in conformità alla predetta determina, di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Genzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2019 il dott. Silvio Lomazzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

Fatto e diritto

Con determina n. -OMISSIS- del 31 maggio 2018 il Comune di Genzano emetteva avviso pubblico per l'assunzione a tempo indeterminato di un comandante della Polizia locale.
Con successivo atto n. -OMISSIS- del 17 ottobre 2018 l'Amministrazione approvava i verbali della relativa procedura e la graduatoria finale della selezione, nella quale risultava collocata al primo posto la Sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-.
Con provvedimento -OMISSIS- tuttavia l'Ente locale dichiarava decaduta la Sig.ra - OMISSIS- dalla predetta graduatoria, per difetto del requisito di ammissione relativo all'assenza di procedimenti penali in corso che impediscono il mantenimento o la costituzione del rapporto di impiego presso l'Amministrazione pubblica, riapprovando senza il suo nominativo la graduatoria medesima.
L'interessata impugnava quest'ultima determina, censurandola per violazione degli artt. 3, 21 octies della Legge n. 241 del 1990, della lex specialis (atti nn. -OMISSIS-, 340 del 2018) nonché per eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti, della carenza di motivazione e dell'arbitrarietà, unitamente al previo Avviso pubblico, laddove interpretato in conformità alla suddetta determina.
La ricorrente in particolare ha fatto presente che, al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura, era in servizio presso varie Amministrazioni comunali e non vi erano procedimenti penali in corso a suo carico, come risultava dal relativo certificato; che l'atto impugnato era corredato da motivazione carente, non operando una contemperazione dei contrapposti interessi, pubblico e privato, e contraddittoria, stante le risultanze del certificato dei carichi pendenti; che per i procedimenti penali relativi ai reati di omissione di atti d'ufficio e di falso ideologico, al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla selezione, non si era svolta nemmeno l'udienza preliminare; che solo per il reato di falso ideologico poteva essere condannata ad una pena, del tutto futura ed eventuale, con sanzione accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, tale dunque da impedire la costituzione o la prosecuzione di un rapporto di pubblico impiego; che il provvedimento contestato era dunque da attribuire ad un autonoma e arbitraria valutazione del Comune, priva dei presupposti di legge.
L'Amministrazione si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, deducendo con apposita memoria in rito l'irricevibilità per tardività dell'impugnativa dell'Avviso pubblico e nel merito l'infondatezza complessiva del ricorso.
Nella camera di consiglio del 29 aprile 2019, fissata per l'esame dell'istanza cautelare, questo Tribunale, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, ricorrendone i presupposti ex art. 60 c.p.a., sentite sul punto le parti costituite, ha trattenuto la causa per la decisione nel merito.
Il Collegio tralascia per difetto di rilevanza l'esame dell'eccezione di rito sollevata dall'Amministrazione, stante l'infondatezza nel merito del ricorso, che va dunque respinto, per le ragioni di seguito esposte.
Invero è necessario evidenziare al riguardo che nell'Avviso pubblico di selezione era annoverato, tra i requisiti di ammissione, a pena di esclusione, l'assenza di procedimenti penali in corso, ostativi al rapporto di pubblico impiego (cfr. doc. 5 atti Comune); che i termini di presentazione della domanda di partecipazione scadevano il 23 luglio 2018 e che la stessa veniva in effetti inoltrata il 28 giugno 2018 (cfr. docc.5, 6 atti del Comune); che con riferimento all'interessata sussistono n. 2 avvisi di conclusione delle indagini preliminari del 13 marzo 2017 e del 1° giugno 2018, emessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore, l'uno per falsità ideologia e falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, l'altro per omissione di atti d'ufficio (cfr. docc.12, 13 atti Comune); che dunque, all'atto di presentazione dell'istanza di partecipazione, difettava uno dei requisiti richiesti a pena di esclusione; che pertanto il Soggetto pubblico ha provveduto a dichiarare decaduta la ricorrente dalla graduatoria finale.
Va inoltre rilevato che l'avviso all'indagato di conclusione delle indagini preliminari, emesso ex art. 415 bis c.p.p. è da farsi rientrare appieno nella fase del procedimento penale antecedente il processo (cfr., ex multis, Corte Cass. penale, V, n. 7292 del 2014); che la scelta poi dell'Amministrazione di inserire nell'Avviso pubblico di selezione, tra i requisiti di ammissione alla stessa a pena di esclusione, l'assenza di procedimenti penali in corso ostativi al rapporto di pubblico impiego, è connotata da profili di discrezionalità mista, amministrativa e tecnica, sindacabili e dunque censurabili solo in ipotesi di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza, che nel caso di specie difettano cfr. sul punto Cons. Stato, V, n. 3542 del 2016); che in particolare il Comune, nel rispetto del principio di buon andamento dell'Amministrazione pubblica di matrice costituzionale, intende in modo all'evidenza non irragionevole rispondere ad un'esigenza di "difesa avanzata" della stessa, tenuto conto dei rilevanti interessi pubblici in gioco, in relazione all'incarico da ricoprire di Comandante della Polizia locale (cfr. del pari Cons. Stato, V, n. 3542 del 2016); che nel caso di specie trattasi per giunta di reati di falso ideologico e materiale e di omissione di atto d'ufficio, seppure ancora da accertare, intimamente connessi con l'incarico da ricoprire (cfr. ancora Cons. Stato, V, n. 3542 del 2016).
Giova ancora segnalare che non rileva l'eventuale pregresso rapporto intercorso con altre Amministrazioni, trattandosi nel caso di specie di nuova assunzione presso il Comune di Genzano; che nulla poteva risultare dal certificato dei carichi pendenti in relazione alla ricorrente, atteso che lo stesso riguarda gli imputati, qualifica che si assume solo dopo la chiusura della fase delle indagini preliminari; che l'atto impugnato appare ad una piana lettura corredato da congrua e adeguata motivazione, in fatto e in diritto, anche con riferimento all'interesse pubblico preminente, sotteso alla sua emissione (cfr. doc. 14 atti Comune); che, per tutto quanto dianzi esposto, nessun rilievo può assumere, ai fini de quibus, l'esito dei procedimenti penali in questione.
Ne consegue che gli atti impugnati risultano esenti dai vizi dedotti e che pertanto l'Amministrazione ha correttamente emesso il provvedimento di decadenza sulla base del presupposto Avviso di selezione.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n. 4194/2019 indicato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell'Amministrazione resistente delle spese di giudizio, che liquida in euro 2.000,00 (Duemila/00) oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell'interessata e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 196 del 2003, a tutela dei diritti o della dignità della medesima, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2019.

Il Presidente: STANIZZI
Il Consigliere estensore: LOMAZZI

Depositato in Cancelleria il 1° agosto 2019.

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